Onorevoli Colleghi! - La legge 7 novembre 2002, n. 248, comunemente nota come «legge Cirami», modifica quattro articoli del codice di procedura penale riguardanti la disciplina della rimessione (articoli 45, 47, 48, 49).
      La rimessione, istituto strettamente processuale di carattere eccezionale, è uno degli strumenti che, insieme alla ricusazione e all'astensione, mirano ad assicurare l'imparzialità e l'indipendenza del giudice e il diritto alla difesa. Mentre l'astensione e la ricusazione presuppongono situazioni di incompatibilità riferibili alla persona fisica del magistrato, la rimessione trova il fondamento in situazioni di incompatibilità che coinvolgono l'organo giudicante nella sua collegialità e la conseguente translatio judicii si giustifica con l'accertata inidoneità di un intero ufficio giudiziario ad esercitare le proprie funzioni giudicanti in un determinato processo per cause di natura «ambientale». Ciò comporta la rimessione del processo mediante ordinanza della Corte di cassazione e l'attribuzione della cognizione del processo stesso a un giudice diverso da quello territorialmente competente, sulla base della disciplina relativa ai procedimenti riguardanti i magistrati (articolo 11 del codice di procedura penale).
      Le modifiche apportate dalla legge Cirami in tema di rimessione si incentrano sui seguenti punti.

      1) Reintroduzione del «legittimo sospetto» tra le cause di trasferimento del processo (articolo 45), mutuando una formula del passato, superata con la riforma

 

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del codice di procedura penale del 1989. La scelta mediata da parte del legislatore delegato di non riprodurre tale formula era animata - con il conforto della giurisprudenza prevalente e di autorevole dottrina - dall'intento di applicare in senso restrittivo la rimessione e impedire che, sulla base di formulazioni vaghe e imprecise, fosse invocato troppo facilmente un istituto che si configura come un'eccezione del sistema. La legge Cirami è stata formalmente giustificata dal centrodestra come un intervento «necessario» sulla base di una mancata previsione nel codice di rito dell'ipotesi del legittimo sospetto, quale presupposto per la rimessione del processo penale, in contrasto con il criterio direttivo di cui all'articolo 2, comma 1, numero 17), della legge delega (legge n. 81 del 1987), che invece espressamente la prevedeva.
      A noi appare che la formula adottata dal legislatore delegato fosse la più confacente al contemperamento dell'esigenza di tutelare il principio del giudice naturale precostituito per legge e quella di essere assoggettati ad un giudice imparziale.
      La legge Cirami ha invece riprodotto una formula vaga e indistinta, già precedentemente «censurata» e senza, peraltro, collegarla all'elemento delle gravi situazioni locali, collegamento fra le due cause che avrebbe almeno circoscritto l'ambito della dizione ambigua di «sospetto».

      2) Quanto agli effetti della richiesta di rimessione (articolo 47), viene introdotta la sospensione obbligatoria: il giudice deve sempre sospendere il processo quando lo stesso giunge alla fase delle conclusioni e della discussione; il decreto che dispone la sentenza o il giudizio non possono comunque essere pronunciati quando la richiesta di rimessione ha superato il primo vaglio di ammissibilità da parte del presidente della Corte di cassazione. In tutti gli altri casi la sospensione è facoltativa. La sospensione del processo comporta anche la sospensione del corso della prescrizione, così come sono sospesi i termini della durata massima della custodia cautelare, fino al momento del pronunciamento della Corte. Tali sospensioni mitigano solo in parte l'interesse a strumentalizzare a fini dilatori la durata del processo, che sembra essere incoraggiata proprio dalla nuova previsione della sospensione obbligatoria, con il rischio di compromettere il bene costituzionale dell'efficienza del processo.

      3) Relativamente alla decisione sulla richiesta di rimessione (articolo 48), si introduce un filtro preliminare operato dal presidente della Corte di cassazione, il quale se ravvisa una causa d'inammissibilità assegna la richiesta all'apposita sezione prevista dall'articolo 610 del codice di procedura penale (quella alla quale il presidente assegna i ricorsi dei quali rilevi una causa di inammissibilità). Quanto alla decisione in senso stretto, questa viene assunta dalla Corte in camera di consiglio.
      Se la richiesta di rimessione viene accolta la relativa ordinanza dovrà essere comunicata al giudice procedente e a quello designato. Nel nuovo processo il giudice designato procederà alla rinnovazione degli atti compiuti nel precedente processo soltanto quando vi sia la richiesta in tal senso di una delle parti e non si tratti di atti dei quali sia divenuta impossibile la ripetizione. Nella disciplina previgente era invece il giudice designato dalla Corte di cassazione a stabilire in che misura gli atti pregressi rispetto all'accoglimento dell'istanza conservassero efficacia.
      In caso di rigetto della richiesta della parte privata, questa, tramite ordinanza, potrà essere condannata a pagare una somma da 1.000 a 5.000 euro.
      Quanto alla nuova richiesta di rimessione (articolo 49), si prevede che, anche quando essa sia stata accolta, si possa comunque proporre una nuova istanza di rimessione volta alla revoca o alla designazione di un nuovo giudice e che, in caso di rigetto o di dichiarazione di inammissibilità, sarà sempre possibile proporre nuovamente l'istanza, anche quella già dichiarata inammissibile per manifesta infondatezza, purché fondata su elementi nuovi.
      4) Il regime transitorio della legge Cirami ne ha stabilito l'applicazione anche ai processi in corso alla data della sua

 

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entrata in vigore, conservando efficacia per le richieste presentate alla medesima data.

      La legge Cirami è stata una delle prime leggi ad personam del Governo Berlusconi e della sua maggioranza parlamentare, pensata al solo scopo di sottrarre imputati eccellenti agli esiti processuali. Pur essendo venuto meno il suo vero movente (la Corte di cassazione aveva respinto la richiesta dei legali di Berlusconi e Previti di spostare da Milano i processi IMI-SIR/Lodo Mondadori e SME), molte sono state le richieste di applicazione della legge Cirami all'indomani della sua entrata in vigore. Il «legittimo sospetto» è stato invocato da imputati di associazione di stampo mafioso, con l'evidente rischio di alterare e deviare strumentalmente importanti vicende processuali.
      Per questi motivi, con la presente proposta di legge intendiamo cancellare l'intervento legislativo del centrodestra in tema di rimessione dei processi, abrogando la legge Cirami e ripristinando la normativa previgente. Inoltre, con l'articolo 6, per limitare i danni che potrebbero ancora prodursi nelle more nell'entrata in vigore della legge di ripristino della normativa previgente, si stabilisce la dichiarazione di inammissibilità, da parte della Corte di cassazione, delle cause pendenti alla medesima data. In tal modo sarebbero sterilizzati quegli effetti non voluti della legge ancora vigente. Quest'ultima soluzione rispetterebbe tanto il principio costituzionale dell'irretroattività della legge penale, facendo salve le ipotesi di passaggio in giudicato delle istanze di rimessione al momento dell'entrata in vigore della legge, di cui all'articolo 26 della Costituzione, quanto quello contenuto nel terzo comma dell'articolo 2 del codice penale.

 

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